SANTA MARIA IN PANTANO DI MONTEGALLO TRA PASSATO E PRESENTE

SANTA MARIA IN PANTANO DI MONTEGALLO TRA PASSATO E PRESENTE

Passato di qui ti laurei

Ne avevo sempre sentito parlare, almeno, da quando, qualche anno fa, mi ritrovai per lavoro a frequentare l’area dei Sibillini. Ed era come venire a conoscenza di una piccola leggenda. Mi raccontavano di una chiesa solitaria, dalle antiche origini, raggiungibile solo a piedi, quasi nascosta tra i Monti Sibillini e inserita lungo il percorso di un remoto tracciato, battuto nei secoli da pastori, mietitori e pellegrini. Una chiesa con all’interno un ciclo di affreschi del Seicento, ben noto agli studiosi e agli appassionati soprattutto per via delle Sibille che vi erano dipinte, figure mitiche che alimentano le leggende di questi luoghi da tempi immemori e alla cui presenza si deve la denominazione della chiesa Santa Maria in Pantano, nota anche come Santa Maria delle Sibille. Sarebbe stato bello poter essere entrati in quella chiesa, vista solo da fuori nel corso di una escursione, un’unica occasione per ammirarla dall’esterno silenziosa e “romita […] in un erboso pianoro con vista panoramica che spazia per tre quarti di campo dagli Appennini al mare Adriatico”, per ricordarla con le parole di Giuseppe Crocetti (Crocetti 1995, p. 243).

Come è noto, gli eventi sismici del 2016 hanno causato la perdita quasi totale della chiesa, crollata in diverse sue parti a seguito delle ripetute scosse che si sono succedete a partire dal 24 agosto. In molti ci siamo chiesti se, nonostante l’imprevedibilità delle scosse, si potesse mettere in sicurezza l’edificio, se un intervento tempestivo avesse forse potuto contenere i crolli. Ma non lo sapremo mai e di certo resta il rammarico di sentirci in qualche modo impotenti. Sebbene irrimediabilmente compromessa nella sua interezza, voglio ricordare Santa Maria in Pantano in questo breve articolo, per mostrarla a chi non ha avuto la possibilità di vederla e ricordare l’importante ciclo di affreschi che solo poco tempo fa ne ornava l’interno.  

La chiesa sorge nel territorio di Montegallo, a ridosso del Monte Torrone nel massiccio del Monte Vettore, che con i suoi 2476 m. s.l.m. è la cima più alta della catena dei Monti Sibillini, e deriva il toponimo in Pantano dalla particolarità del terreno dell’area circostante, che in alcuni periodi dell’anno è percorso da numerosi rivoli d’acqua. Non lontano dall’edificio si trova una fonte, chiamata in passato “Sorgente Santa” e frequentata da tutti coloro che per motivi religiosi o legati alla transumanza, si trovavano a dover attraversare quel percorso, sostando nella chiesa e trovando ristoro presso la fonte. Quella strada era anche detta “Strada del grano”  o “Via Francisca” perché i mietitori e i pellegrini che dalla Valle del Tenna e dell’Aso volevano  raggiungere la Salaria dovevano passare dal valico di Santa Maria in Pantano.

Da qui l’importanza della sua fondazione in una valle percorsa in passato dai pastori con i loro greggi e dai fedeli, che si recavano nei luoghi di culto. Sebbene non si abbiano notizie certe sulla sua fondazione, la più antica testimonianza della chiesa è stata rintracciata nei documenti che riguardano l’Abbazia di Farfa, in un privilegio del 16 settembre 1050 con il quale l’imperatore Enrico III ne confermò l’appartenenza all’istituzione farfense. Sappiamo dunque che, al pari di molte altre chiese dell’area dei Sibillini, Santa Maria in Pantano rientrava tra le possessioni della potente Abbazia di Farfa, a cui doveva un canone annuale. Inoltre, nella successiva documentazione di Farfa, un privilegio di papa Innocenzo III del 7 settembre 1198 e una Bolla di papa Urbano IV del 23 febbraio 1261, si fa menzione di un “hospitium” e del “Monasterium Sancte Marie in Pantano”, segno che presso la chiesa era stato eretto un monastero, oggi non più esitente. Nel 1571 sotto Pio V la chiesa passò poi alla circoscrizione vescovile di Ascoli Piceno.

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